La democrazia non è uno show

Christian Fini – presidente LEA
Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad episodi che interrogano il nostro modo di vivere la democrazia: contestazioni accese fuori da eventi politici, tensioni davanti ai teatri, e – sullo sfondo – il tema delicato della libertà d’espressione. La nostra tradizione civica si fonda sul confronto fermo ma rispettoso. Quando però il dissenso scivola nell’intimidazione personale o nell’ostruzione fisica della partecipazione altrui, non è più protesta: è un attacco al diritto, ugualmente democratico, di riunirsi e di esprimersi. A Bellinzona prima, e a Camignolo poi, in occasione di due serate con il consigliere federale Ignazio Cassis, la protesta ha oltrepassato la linea del confronto civile, generando tensioni. Diverse prese di posizione politiche, provenienti da più schieramenti, hanno ribadito un principio semplice: sì al diritto di contestare, no a minacce, insulti o violenze. Si tratta di una linea di confine essenziale per tutelare sia chi manifesta, sia chi partecipa a un evento pubblico. E questo vale per qualsiasi rappresentante di ogni schieramento politico.Fa male vedere scadere così il livello del confronto pubblico, soprattutto in un Cantone e in un Paese che hanno costruito la propria identità sulla cultura del dialogo. Anche una certa politica ha ormai scelto la via del clamore, del titolo facile, dell’attacco personale. Il sensazionalismo sembra valere più di una proposta concreta, e l’indignazione momentanea più di una visione di lungo periodo. E questo non fa altro che alimentare certi comportamenti nella società.
Siamo e restiamo una democrazia matura quando il dissenso non diventa impedimento. La libertà di parola - ad esempio - anche della scuola, non si spegne se il tema è controverso, e la libertà di riunione della politica non si sospende perché qualcuno urla più forte. Nelle scuole e nella società bisogna investire in educazione civica e responsabilità digitale: capire la differenza tra critica e delegittimazione personale, tra testimonianza e gogna social. La libertà di manifestare finisce dove iniziano l’aggressione e il danneggiamento. Le autorità devono intervenire con proporzionalità, ma senza ambiguità. E gli spazi pubblici devono restare luoghi di confronto, non di persuasione o di censura. Il Ticino ha una tradizione di civiltà politica che non merita di essere ridotta a sfida di decibel. Chi organizza un evento ha il dovere di offrire contenuti e soluzioni; chi protesta ha il diritto – e il dovere – di farlo con coraggio e rispetto. I media, da parte loro, possono scegliere ogni giorno se alimentare la cronaca del gesto eclatante o il racconto delle idee in gioco.
La storia ce lo insegna: quando si prendono a modello le democrazie, e non i regimi totalitari, il dialogo rimane lo strumento più forte che una società libera possa avere. Ed è proprio lì che si misura la qualità della nostra libertà.



