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STEVENS CRAMERI

Cure integrate, qualità e costi: siamo sicuri di essere sulla strada giusta ?

Stevens Crameri, Direttore della Casa Anziani Alto Vedeggio
STEVENS CRAMERI
Fonte STEVENS CRAMERI
Cure integrate, qualità e costi: siamo sicuri di essere sulla strada giusta ?
Stevens Crameri, Direttore della Casa Anziani Alto Vedeggio

MEZZOVICO-VIRA - In Ticino si parla spesso di cure integrate, di qualità e di efficienza. Eppure, osservando da vicino il funzionamento del nostro sistema sociosanitario, la sensazione è che ci sia ancora molta strada da percorrere. L’impressione da cittadino, familiare e professionista è che il sistema stia progressivamente perdendo coerenza e capacità di coordinamento, pur mantenendo un livello tecnico e umano elevato. Non si tratta di un’accusa, ma di una riflessione necessaria: forse il sistema sanitario ticinese, oggi, è un “malato cronico” che non riesce più a reagire ai propri sintomi, non trovando la cura corretta e non avendo la capacità di identificarne la causa.

Un contesto demografico che pesa, ma non spiega tutto: Il Ticino è il cantone più anziano della Svizzera: oltre un quarto della popolazione ha più di 65 anni, e il fabbisogno di cure è inevitabilmente in crescita. Tuttavia, non tutto può essere ricondotto all’invecchiamento o alla cultura locale. La salute è un bene meritorio, che appartiene a tutti, e il diritto alla cura deve essere accompagnato da un uso responsabile delle risorse. In questo equilibrio, il ruolo del professionista è cruciale: non basta “fare tutto ciò che è possibile”, ma serve sapere cosa è realmente utile per il paziente, distinguendo tra ciò che migliora la qualità di vita e ciò che alimenta solo il volume delle prestazioni. Prescrivere esami, consulti o referti può essere corretto sul piano tecnico, ma in certi casi diventa evitabile se non porta un beneficio concreto.

Quando la comunicazione si interrompe, si ammalano anche le relazioni di cura: Un esempio quotidiano lo vivono molti cittadini: una caduta, un accesso in pronto soccorso, una serie di esami tac, risonanze, analisi e un ricovero breve. Tutto funziona con efficienza nella fase acuta, ma al momento della dimissione emergono le fragilità del sistema. Il paziente con rischi di caduta recidivanti torna a casa con una lista di appuntamenti e controlli, spesso senza che vi sia stato un vero passaggio di informazioni tra ospedale, medico di famiglia, servizi domiciliari e familiari. Eppure ci si potrebbe chiedere: non sarebbe possibile evitare una parte di queste complessità grazie a un maggiore contatto con l’entourage del paziente e a una più rapida identificazione delle cause, arrivando a una diagnosi più tempestiva già durante la degenza ospedaliera? Troppe volte, invece, le informazioni cliniche vengono replicate, i controlli ripetuti, gli esami rifatti in ambulatorio. La comunicazione, quando c’è, è frammentaria. La continuità delle cure non si costruisce solo dentro l’ospedale o nelle cliniche, ma anche nel ponte con il territorio. Troppo spesso la raccolta delle informazioni di un paziente all’ingresso si limita a pochi dati clinici, senza un vero approfondimento dell’istoriato, del contesto sociale, delle abitudini, o del punto di vista dei familiari e caregiver. Questo impoverisce la presa a carico e impedisce di costruire un percorso personalizzato e realmente integrato ed economicamente sostenibile.

Un sistema frammentato costa di più e vale di meno: Ogni settembre ci confrontiamo con l’aumento dei premi di cassa malati. Anche quest’anno il Ticino registra uno degli incrementi più alti della Svizzera, superiore al 7%. Si parla di contenimento dei costi, ma raramente si discute del modello organizzativo che li genera. Le casse malati, da parte loro, si trovano a gestire un equilibrio delicato tra sostenibilità e prestazioni: da un lato devono rimborsare sempre più atti medici e terapie, dall’altro devono garantire premi accessibili e politiche di prevenzione efficaci. Tuttavia, senza una reale integrazione tra gli attori del sistema ospedali, Spitex, case anziani, medici di famiglia. specialisti e assicuratori ogni intervento resta parziale e spesso inefficace. La spesa cresce non perché i cittadini chiedono troppo, e nemmeno perché i professionisti operano in modo inappropriato, ma perché il sistema, così com’è, moltiplica le prestazioni senza coordinarle. Gli attori, ospedali, cliniche, Spitex, case anziani, ambulatori e studi medici operano in modo parallelo, talvolta in competizione, raramente in sinergia. Il problema non è la qualità delle singole cure, ma l’assenza di strumenti comuni, di visioni integrate e di responsabilità condivise.

Pubblico e privato: obiettivi diversi, bene comune: È naturale che gli attori del sistema abbiano anche obiettivi economici propri: un ospedale deve garantire sostenibilità, una clinica deve garantire sostenibilità e ricavi da reinvestire, un servizio a domicilio deve coprire i costi, una casa anziani deve rimanere attrattiva e solida. Ma questo non esclude anzi, richiede un coordinamento intelligente, dove efficienza ed efficacia vadano di pari passo nel rispetto degli obiettivi e scopi dell’azienda. Servono strumenti condivisi come percorsi diagnostico-terapeutici (PDTA), cartelle cliniche interoperabili, regole comuni per la dimissione protetta, professionista che conoscano le risorse del territorio e una vera governance cantonale capace di unire pubblico e privato in una logica di sistema, anche con la collaborazione attiva delle casse malati, che dovrebbero essere partner di dialogo e non solo enti finanziatori.

Scelte e responsabilità: “Saper scegliere” è forse il verbo più difficile, in particolare nel mondo socio-sanitario. Significa assumersi responsabilità, anche quando è più semplice “fare tutto per non sbagliare”. Ma la qualità non si misura dalla quantità di referti, bensì dalla coerenza delle decisioni e dalla capacità di accompagnare la persona nel suo percorso di salute. Oggi il Ticino ha bisogno di una riflessione collettiva: se vogliamo cure di eccellenza, dobbiamo accettare di cambiare rotta. Non bastano correttivi tecnici o tagli lineari; serve una visione integrata, che unisca competenze, etica professionale e coraggio politico.

Nessuna pretesa, ma un invito alla riflessione: Con questo articolo non vi è alcuna pretesa di banalizzare una realtà complessa, né di semplificare un sistema che da anni fatica a trovare il bandolo della matassa. L’intento è piuttosto quello di offrire uno spunto di riflessione, un invito a guardare con onestà e partecipazione al nostro sistema sociosanitario, senza cercare colpevoli ma soluzioni. Ognuno di noi professionista, decisore politico, operatore o cittadino, può e deve sentirsi parte di questo processo, contribuendo con responsabilità e spirito costruttivo a rendere il sistema un po’ meno individualistico e un po’ più partecipativo. Solo così potremo dire, un giorno, che la qualità, l’integrazione e la sostenibilità non sono più parole, ma risultati condivisi. Ma per raggiungere questo cambiamento serve il coraggio di scegliere e di decidere, soprattutto a livello politico.

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