Fatica immane, ma per Jonas «Ti porta alla felicità»



Jonas Oliva e quei sogni (non) irrealizzabili: «Perché non pensare a una medaglia mondiale?»
«Nel mio team c’è un signore francese che ha 52 anni ed è ancora tra i top mondiali nella 100 km».
Jonas Oliva e quei sogni (non) irrealizzabili: «Perché non pensare a una medaglia mondiale?»
«Nel mio team c’è un signore francese che ha 52 anni ed è ancora tra i top mondiali nella 100 km».
MOTTO (BLENIO) - C’era una volta il calcio e ora non c’è più. Ma non è un problema, non per Jonas Oliva, 19enne che, chiuso con il pallone - non per scelta sua - ha scoperto di potersi divertire e di poter ottenere grandi risultati nella corsa in montagna. Cominciata la nuova avventura solo tre anni fa, l’atleta della Valle di Blenio (finalista tra le giovani speranze per il premio "Migliori Sportivi Ticinesi 2025") è reduce da un incredibile terzo posto U20 con la nazionale ai Mondiali disputati sui Pirenei spagnoli. E quella medaglia potrebbe essere solo l’inizio per un ragazzo che non ha paura di far fatica. Anzi…
«In questi tre anni sono riuscito a far diventare la fatica una mia amica - ci ha raccontato proprio Jonas - Sembra un paradosso, perché quando si soffre e si fa fatica non si è mai contenti, felici, però è una sorta di sofferenza temporanea che poi ti porta a uno stato di felicità. Adesso, per esempio, non vedo l’ora di prendere le scarpe e andare a fare un “lungo” da 20-22 km».
Visioni bestiali
«In Valle di Blenio ci conosciamo praticamente tutti. Quando mi alleno mi capita di incontrare delle persone e tendo sempre a salutare. Solo che, delle volte, soprattutto magari verso la fine o quando sto facendo delle ripetute, inizio a vedere draghi e fantasmi. In quelle occasioni, quando incrocio qualcuno che magari mi fa un cenno, non riesco a rispondergli con un “ciao”, mi esce solo un verso. Di un drago. Me ne scuso ma quella è l’unica cosa che riesco a produrre in quel momento, è un tentativo di salutare».
Quotidianità intensa
«Sto frequentando l’anno passerella al Liceo di Bellinzona per la maturità liceale, per proseguire i miei studi in ingegneria o in matematica. Oltre a questo c’è la mia routine settimanale di allenamenti: ho sei giorni di corsa e uno nel quale svolgo degli esercizi in palestra. Già dagli anni scorsi sono sempre riuscito a sfruttare una qualsiasi occasione, che poteva essere la pausa pranzo o anche appunto delle ore buche di lezione, per l'allenamento. Riesco a conciliare tutto in maniera perfetta».
Traguardi ambiziosi
«L’obiettivo è quello di crescere e sento che posso ancora migliorare tanto, anche visti i progressi che ci sono stati nei tre anni fatti. Arrivare a competere anche a livello mondiale sarebbe una bella prospettiva. Adesso però sto affrontando il grande scalino di passare da junior a élite. Quindi terminata la categoria U20 avrò bisogno chiaramente un attimo per ambientarmi. Però voglio continuare a sognare. Perché, magari, non pensare quindi a una medaglia mondiale?».
Tempo (quasi) infinito
«Nel trail running ci sono vari tipi di competizioni, di distanze. Si parte dal “classic” di 12-14 km fino ad arrivare all’“ultra” da 160 km o più. La cosa bella è che gli atleti sono “variegati”. Nel mio team c’è per esempio un signore francese che ha 52 anni ed è ancora tra i top mondiali nella 100 km. Quindi… grande ammirazione, perché non è scontato avere ancora voglia di fare tanta fatica, e grande bellezza nel sapere che non hai una prospettiva di carriera di quindici anni. È uno sport che fa bene: conosco persone qui in Ticino che ancora a 75-80 anni sono lì solo per la passione di correre, di fare fatica».
