La vacanza si trasforma in un incubo: «Rinchiusi come criminali con due figlie piccole»


Una famiglia residente del Bellinzonese è stata "segregata" in una stanza dell’aeroporto di Antalya, in Turchia per un problema a un passaporto. Vi raccontiamo la loro storia e ne parliamo con un esperto.
Una famiglia residente del Bellinzonese è stata "segregata" in una stanza dell’aeroporto di Antalya, in Turchia per un problema a un passaporto. Vi raccontiamo la loro storia e ne parliamo con un esperto.
BELLINZONA - Il viaggio ad Antalya, rinomata località turistica turca, si è trasformato in un incubo per una famiglia ticinese. Papà, mamma e due bimbe di tre e un anno non hanno infatti potuto varcare la dogana a causa della (non) validità del passaporto della figlia maggiore.
Validità residua di almeno cinque mesi - Il documento, infatti, sarebbe scaduto entro tre mesi, mentre per entrare nel Paese ci vuole una validità di almeno cinque. «Ci hanno trattato come fossimo dei criminali», ci confida il padre, ammettendo però di aver commesso «un madornale errore» a non informarsi sui requisiti richiesti per entrare in Turchia.
Antalya resta tabù - Ma riavvolgiamo il nastro e torniamo all'inizio della disavventura vissuta dalla famiglia, con cittadinanza italiana, residente nel Bellinzonese. Tutto incomincia l'8 ottobre allo scalo di Friedrichshafen, sul Lago di Costanza, dove i quattro prendono l'aereo per la tanto agognata vacanza. Senza che all'imbarco (peraltro) venisse fatto loro notare il dettaglio del passaporto non valido. Dopo un volo di circa quattro ore il loro aereo atterra all’aeroporto di Antalya attorno alle 21.00. E la famiglia si reca subito nella zona dove vengono controllati i passaporti. Ed è qui che tutto precipita. «Ci dicono subito che il passaporto della bimba più grande non è più valido perché sarebbe scaduto a gennaio», ci racconta il padre. «E per entrare in Turchia ci vuole una validità residua di almeno cinque mesi dalla data di ingresso».
Scelta obbligata - Stanchi dal viaggio e attoniti per la situazione venutasi a creare, la famiglia ticinese viene accompagnata in una stanzetta dell'aeroporto dove una ventina di minuti dopo viene raggiunta da un funzionario doganale. «Ci ha subito fatto capire che avevamo solo due possibilità», ci spiega il padre. «O tornare indietro tutti con il primo volo disponibile o dividerci, con uno di noi adulti che restava qui in Turchia con la piccola e l'altro che accompagnava la primogenita a casa. Ovviamente abbiamo scelto di non separarci e abbiamo deciso di rientrare tutti insieme a casa».
Stanza in condizioni pietose - Dopo aver comunicato alle autorità turche la propria decisione, passa ancora un'ora e mezza. Poi i genitori e le due piccole vengono finalmente accompagnati in una delle tre stanze riservate alle persone che devono essere rimpatriate. «La stanza si trovava in fondo a un corridoio ed era in condizioni igieniche pietose come si può facilmente capire dalle foto. Avevamo addirittura paura a sederci sui letti perché temevamo di prendere qualche malattia».
Sorvegliati a vista - Ma l'igiene (completamente assente) non è l'unico problema che la famiglia ticinese ha dovuto affrontare durante la permanenza nell'aeroporto turco. «Abbiamo chiesto se si potesse chiudere la porta e spegnere le luci per far dormire le bambine visto che era già passata la mezzanotte ed erano stanche». Ma la risposta è stata negativa. «La stanza doveva sempre rimanere illuminata per via delle telecamere di sorveglianza. Inoltre ogni mezz'ora qualcuno passava a controllarci. Ci siamo sentiti trattati come dei criminali».
«Non erano cattivi» - Dopo una notte insonne (o quasi), trascorsa a discutere (a gesti, con Google Translate e in inglese maccheronico) del rimpatrio con i sorveglianti, alla famiglia vengono proposte alcune destinazioni. «Devo dire - ci tiene a precisare il papà - che le persone non erano cattive. Hanno provato ad aiutarci nel limite del possibile. Ma erano molto disorganizzate. Tanto per dirne una ho dovuto ricordargli io delle nostre valigie, sennò non le avrebbero imbarcate».
Tre voli verso la Germania - Detto questo, alla famiglia vengono proposti tre aerei che partivano il giorno stesso. Tutti diretti in Germania. «I primi due voli in ordine di tempo erano per Amburgo e Lipsia», ci spiega il padre. «Ma li abbiamo rifiutati perché troppo distanti rispetto all'aeroporto di Friedrichshafen, dove avevamo lasciato l'auto. Poi ci hanno offerto un volo per Francoforte che sarebbe partito nel pomeriggio. E quella mi è parsa una buona soluzione».
Ancora nel tugurio - Una buona soluzione, ma non immediata. E che costringe la famiglia a trascorrere altre lunghe ore "prigioniera nel tugurio". «Dopo aver ricevuto dei panini francamente immangiabili siamo stati costretti a rimanere nella stanza fino a poco prima della partenza. Non abbiamo avuto la possibilità di abbandonarla neppure per un secondo. Neppure per andare a bere un caffè o una birra al bar. Abbiamo trascorso 15 ore rinchiusi in quel buco con la luce sempre accesa e sorvegliati a vista. È stata un'esperienza veramente allucinante. Soprattutto perché con noi c'erano le nostre bambine. Fossimo stati da soli io e mia moglie avrei anche potuto accettarlo, ma trattare in questo modo una famiglia con due figlie piccole è intollerabile».
La fine dell'incubo - Il volo e l'arrivo a Francoforte - dove la famiglia ha continuato le sue vacanze fino a domenica - ha rappresentato la fine di un incubo. «È vero che tutto parte dal nostro madornale errore di non aver controllato i requisiti richiesti dalla Turchia per entrare nel Paese, ma quello che abbiamo passato non lo auguro a nessuno. Spero che la nostra esperienza - conclude il bellinzonese - possa servire ad altri per stare più attenti».
Caso raro - Abbiamo parlato con Fabio Capone, responsabile Kuoni per il Sopraceneri della disavventura vissuta della famiglia ticinese. Con l'esperto che è rimasto basito da quanto successo. «La Turchia è una destinazione molto ambita non tanto dal mercato ticinese quanto soprattutto da quello della Svizzera tedesca. Ma mai negli ultimi anni, come Kuoni - ci spiega Capone - abbiamo registrato casi simili».
L'importanza della consulenza - Anche perché il dettaglio della (non) validità del passaporto non sarebbe passato inosservato. «Quando facciamo consulenza per un viaggio all'estero queste sono le prime cose che osserviamo: informiamo cioè il cliente sulle formalità d’ingresso», precisa l'esperto. «E prima della partenza le mettiamo nuovamente in evidenza. Ricade poi sotto la responsabilità del viaggiatore - precisa Capone - assicurarsi che abbia i documenti in ordine per non incappare in problemi nella nazione di destinazione».