Quelle 844mila persone che faticano a leggere e non sanno risolvere i problemi

È il 15% di coloro che hanno tra 16 e 65 anni. Le scarse competenze condizionano il benessere e l'integrazione sociale
NEUCHATEL - In Svizzera, una percentuale elevata di persone fatica a leggere, fare di conto o risolvere semplici problemi quotidiani. Si tratta del 15% della popolazione tra i 16 e i 65 anni — circa 844mila adulti — che presenta competenze di base insufficienti. Dietro a questi numeri riferiti al 2022/2023, diffusi dall’Ufficio federale di statistica (UST) e tratti dal programma internazionale PIAAC dell’OCSE, si nasconde una realtà complessa: chi ha meno competenze tende a guadagnare di meno, a essere meno presente nel mercato del lavoro e a vivere con un benessere generale inferiore.
Il peso delle origini - Quasi la metà di queste persone (46%) non ha conseguito una formazione post-obbligatoria. Inoltre, oltre la metà (56%) ha tra i 46 e i 65 anni, segno che le difficoltà non riguardano soltanto i più giovani. Il livello di competenze sembra fortemente legato al contesto familiare e sociale: i genitori di persone con scarse competenze possiedono meno spesso un titolo di studio terziario (12% contro il 34% della media nazionale) e occupano con minore frequenza posizioni qualificate. Anche la disoccupazione colpisce più duramente queste famiglie: 7% contro il 2% del resto della popolazione.
Non solo stranieri - Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, le difficoltà non riguardano soltanto chi vive in Svizzera ma parla un’altra lingua. Secondo il rapporto, il 38% delle persone con scarse competenze ha come lingua principale una delle lingue ufficiali del Paese — tedesco, francese o italiano. Per il restante 62%, una parte dei bassi risultati può essere spiegata dal fatto che il test è stato sostenuto in una lingua straniera.
Lavoro più precario e salari più bassi - Il divario di competenze si traduce anche in un divario economico. Solo il 71% delle persone con scarse competenze ha un impiego, contro l’83% della popolazione totale. Oltre l’80% di loro appartiene al gruppo con i redditi più bassi e percepisce più spesso prestazioni sociali. Chi lavora, inoltre, svolge nella maggior parte dei casi mansioni fisiche (66% contro il 34% della media) e ha poca autonomia nelle decisioni legate al proprio lavoro.
Meno salute, meno fiducia, meno partecipazione - Le conseguenze non si fermano al mondo del lavoro. Anche la qualità della vita e la partecipazione sociale risultano inferiori. Tra le persone con scarse competenze, solo il 75% si dichiara molto soddisfatto della propria vita, contro l’86% della popolazione generale. Appena il 38% valuta il proprio stato di salute come “molto buono” (contro il 55%), e la fiducia nel prossimo è sensibilmente più bassa (33% contro 47%). Anche il volontariato e la partecipazione politica ne risentono: solo il 19% è attivo in associazioni o attività di volontariato e il 33% ritiene di avere buone opportunità di partecipazione politica, contro rispettivamente il 37% e il 51% della popolazione totale.
Formazione continua: chi ne ha bisogno non ne usufruisce - Il divario educativo tende a perpetuarsi anche dopo la scuola. Solo un terzo delle persone con scarse competenze ha seguito una formazione continua negli ultimi cinque anni, mentre nella popolazione generale la quota sale al 61%. Le motivazioni, però, cambiano: chi ha meno competenze cerca corsi per migliorare le proprie opportunità lavorative (33% contro 21%), mentre chi ha competenze più alte si forma soprattutto per interesse personale.

